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COVID-19, vaccini e diritto WTO: La licenza obbligatoria

Il 17 giugno scorso, a Ginevra, si è conclusa la 12a Conferenza Ministeriale in seno alla World Trade Organization (WTO). Nell’ambito del c.d. “Geneva Package”, tra le varie tematiche affrontate dagli Stati Membri, spicca la tanto attesa decisione riguardo alla proposta presentata in ottobre 2020 dall’India e dal Sudafrica di derogare a talune disposizioni dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS) al fine di garantire, a livello globale, un equo accesso ai vaccini anti COVID-19.

La decisione  WT/MIN(22)/W/15/Rev.2 – discostandosi da quella proposta originariamente, che prevedeva una drastica deroga all’applicazione delle sezioni 1, 4, 5 e 7 del TRIPS – spinge verso l’attuazione delle c.d. flessibilità contenute all’interno dell’accordo TRIPS, con l’obiettivo di controbilanciare la tutela dei dritti di proprietà intellettuale disposta dall’accordo con altri diritti di fondamentale importanza, quale, in particolare, l’accesso ai farmaci come espressione del più generale diritto alla salute.

Tra le varie flessibilità, i Membri della WTO suggeriscono l’applicazione dell’istituto della licenza obbligatoria, disciplinato dall’art. 31 del TRIPs, al fine di consentire a taluni Stati Membri – nello specifico, i paesi in via di sviluppo – di limitare i diritti di esclusiva conferiti dai brevetti sui prodotti e sui processi relativi ai vaccini anti COVID-19, consentendo, dunque, a soggetti terzi l’uso di quest’ultimi, pur in assenza del consenso del titolare dei brevetti in questione.

Questo meccanismo è volto a far sì che anche nei paesi in via di sviluppo le case farmaceutiche locali possano produrre delle versioni generiche – e quindi meno costose – dei vaccini che attualmente vengono somministrati.

Quello della licenza obbligatoria è un istituto tanto utile quanto controverso. Gli sforzi compiuti nel 2003 con l’implementazione della Dichiarazione di Doha sull’accordo TRIPS e la sanità pubblica e la successiva introduzione dell’art. 31bis, il cui fine era di rendere l’applicazione di tale istituto più agevole per i paesi meno sviluppati, non si sono dimostrati sufficienti e oggi, dopo quasi 20 anni, si è quindi scelto di derogare nuovamente alla disciplina contenuta nell’accordo TRIPS per garantire un accesso più equo ai vaccini anti COVID-19.

Le modifiche di maggiore rilievo rispetto alla disciplina attuale sono le seguenti:

  • gli Stati Membri in via di sviluppo potranno concedere licenze obbligatorie indipendentemente dal fatto che tale istituto sia stato preventivamente implementato nell’ordinamento domestico. Tale requisito si era rivelato essere l’ostacolo principale al funzionamento del sistema introdotto a seguito della Dichiarazione di Doha;
  • in deroga all’art. 31, lettera b), non è necessario che la licenza obbligatoria sia concessa in subordine ad un previo e mancato tentativo del soggetto terzo di ottenere una licenza volontaria da parte del titolare del brevetto;
  • in deroga all’art. 31, lettera f), non è più richiesto che i beni oggetto di brevetto realizzati attraverso una licenza obbligatoria concessa da uno Stato Membro siano prevalentemente destinati a rifornire il mercato interno di tale Membro. Viene consentito, dunque, il rilascio di licenze obbligatorie per l’esportazione, pur prevedendo che i paesi riceventi compiano sforzi ragionevoli al fine di prevenire riesportazioni in via parallela di detti beni;
  • in deroga all’art. 31, lettera h), ai fini della determinazione dell’equo compenso da corrispondere al titolare del brevetto si terrà conto delle finalità umanitarie e senza scopo di lucro di specifici programmi di distribuzione di vaccini volti a fornire un accesso equo ai vaccini COVID-19.